Stanco di non essere ascoltato?

Sei stanco di non essere ascoltato?
Ti capita spesso di sentire il bisogno di parlare con qualcuno e di ritrovarti poi a confidarti con chi, piuttosto che dedicarti un po’ di attenzione e di ascolto sincero, preferisce continuare guardare lo smartphone?

“I social network avvicinano chi è distante e allontanano chi è vicino”

Ho trovato molto interessante lo sfogo di un’amica su facebook:

“E quando racconti ad una persona di essere preoccupata, e quest’ultima non tira neanche su gli occhi dal tablet, qualche dubbio ti viene, no? 
Forse sarebbe stato meglio non dire nulla, e vivere nel dubbio che poteva ancora fregargliene qualcosa.”

Cosa accade in noi quando viviamo una situazione del genere? Come ci sentiamo?

Sicuramente ci ritroviamo a provare tutta una gamma di emozioni che vanno dal fastidio alla frustazione, dalla rabbia e alla delusione; ci sentiamo sminuiti e tristi, soli ed incompresi. Ci sentiamo un po’ ingenui e forse pensiamo di essere stati degli stupidi per aver condiviso qualcosa che sentivamo importante per noi.  E allora la reazione dell’altro può farci pensare di non essere interessanti, di non essere meritevoli di attenzione e di ascolto e molto probabilmente diverremo più inclini a tenerci le cose per noi piuttosto che condividerle, anche quando sentiamo la spinta a farlo.

Chiudersi è la soluzione?
No. Parlare è un bisogno umano e vuol dire essenzialmente condividere: rendere l’altro partecipe di qualcosa che accade dentro di noi.

Siamo esseri sociali. Viviamo di relazioni e ci nutriamo di esse. Nelle relazioni ci rispecchiamo ed è attraverso queste che ci conosciamo e riconosciamo, continuamente, in tutto il tragitto che è la vita.

Certo, l’esperienza insegna, e a volte segna. Ma occorre avere, e allenare, una buona capacità critica e distinguere ciò che è buono per noi da ciò che non lo è, quello che dipende da noi da quello che dipende dall’altro, ma soprattuto ciò che possiamo fare per evitare di rivivere le stesse situazioni. Di certo possiamo sempre scegliere se subire gli eventi o cambiarli in forme e modi che ci possano appagare maggiormente.

Essere selettivi

Sicuramente fare una cernita delle persone con cui condividere la nostra interiorità può già essere una buona strategia iniziale. E’ altrettanto importante sapere quanto potersi aprire in base a chi abbiamo davanti. Non con tutti i nostri amici, ad esempio, riusciamo ad aprirci allo stesso modo.
Come mai? Probabilmente per le caratteristiche personali di chi ascolta.

Un buon ascoltatore si auspica che abbia una serie di attitudini quali il saper ascoltare, l’essere non giudicante ma comprensivo, l’essere rispettoso della nostra visione, dei nostri tempi e dei nostri ritmi. Se poi, con delicatezza e garbo, riesce pure a farci riflettere e a guardare da nuovi punti di vista allora abbiamo sicuramente compiuto una scelta ottimale.

Dal canto mio, penso che condividere con l’altro qualcosa che ci appartiene, che stiamo provando o pensando, sia fargli dono di un pezzetto di noi: un biglietto per la nostra interiorità, la nostra intimità, fatta di turbamenti, di insicurezze, di fragilità, un atto che definirei “sacro” per entrambi gli interlocutori. Quando questo accade la gratitudine è ciò che proviamo.

Per esprimere meglio questo concetto mi piace condividere con voi un passo di una canzone di Battisti, a me molto cara, che racchiude il pensiero appena descritto:

“Nel mio cuor, nell’anima, c’è un prato verde che mai, nessuno mai ha calpestato nessuno.
Se tu vorrai conoscerlo, cammina piano perché nel mio silenzio anche un sorriso può fare rumore”

Atteggiamento per chi ascolta

Ponendoci dalla parte di chi ascolta, quando l’altro ci concede di entrare nella sua intimità dovremmo muovereci con delicatezza.

Per rendere bene l’idea, pensate di accedere all’orto dell’altro: seguite il percorso tra le coltivazioni o vi muovete inarvvetitamente calpestando a destra e a manca?

Il punto è che gran parte delle persone ascolta per rispondere e non per comprendere. Di frequente l’uditore si sente in dovere di dare consigli e suggerimenti, invece ciò che vogliamo è essere compresi e riconosciuti, sapere di essere accettati così come siamo, con le nostre imperfezioni. Spesso il solo fatto di avere la possibilità di qualcuno che ci ascolti “semplicemente” ci dà modo di fare ordine tra i nostri pensieri ed emozioni così da sentirci più leggeri nel cuore e più chiari con noi stessi.

Allora scegliete bene i vostri interlocutori, consapevoli del fatto che non è cosa scontata che tutti sappiano ascoltare, e quando abbiamo la fortuna di avere accanto qualcuno che riesce a farlo riconoscetene l’importanza.

Counselling come soluzione

Una possibilità concreta e reale per sperimentare un ascolto autentico può essere quella di confrontarsi con un counsellor. 

“Parlare è un bisogno, ascoltare un’arte” 
                                                 – Goethe

Il counsellor è un professionista della relazione, formato e allenato all’ascolto che stai cercando:

  • sa essere accogliente
  • sa ascoltare empaticamente
  • riesce ad adottare uno sguardo privo di giudizio
  • sa riconoscere il valore delle cose che hanno importanza per te
  • sa rispettare la tua visione, le tue emozioni, i tuoi silenzi, i tuoi tempi e i tuoi ritmi
  • sa instaurare un clima di fiducia e di collaborazione

Inoltre, il counsellor ti aiuta a:

  1. chiarire ciò che stai vivendo
  2. riconoscere e gestire in modo sano le tue emozioni
  3. orientarti nella scelta delle tue priorità
  4. trovare strategie e risorse interiori per attraversare positivamente un cambiamento che vuoi affrontare
  5. aumentare il livello di consapevolezza
  6. innalzare la qualità della vita

 

 

 

Se vuoi aprirti liberamente ed essere ascoltato così come vorresti, fissa un incontro conoscitivo chiamando al 334 3993715 o scrivendo a info@salvatoredimaria.it

Ti aspetto!
Salvatore

 

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